Musicoterapia Veneto

6 dicembre 2015

LA NEUROESTETICA: UN PASSO VERSO LA COMPRENSIONE DELLA CREATIVITÀ UMANA?

LUCA FRANCESCO TICINI

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neurobiologo
Società Italiana di Neuroestetica “Semir Zeki”

L’Arte e la Scienza sono espressioni della straordinaria fantasia creativa e dell’unicità della mente umana. Con la pittura, la scultura, la poesia e la musica, l’Uomo esprime in opere di altissimo livello estetico i concetti più elevati, le passioni e le follie, i piaceri, i tormenti e gli intimi pensieri dell’animo umano. Con la Scienza, egli svela gli enigmi della Natura, riuscendo persino ad interagire con la fisiologia del proprio corpo elaborando rimedi per molte patologie. Nell’ambito specifico delle Scienze che studiano il cervello ed il sistema nervoso (le Neuroscienze), i ricercatori hanno compiuto incredibili passi in avanti nella comprensione della fisiologia del cervello, soprattutto grazie al recente sviluppo delle tecnologie mediche. Per esempio, la risonanza magnetica funzionale (o fMRI) ha permesso di visualizzare l’attività del cervello in vivo mentre compiamo un’azione, pensiamo o ci emozioniamo. Assieme ad altre tecniche, la fMRI ha consentito di studiare il pattern di attivazione delle differenti aree del cervello, rivelando che cia- scuna delle strutture cerebrali è specializzata per uno o più compiti specifici, come l’elaborazione degli stimoli sensoriali (visivi, tattili, uditivi, ecc.), la pianificazione ed esecuzione di processi motori o la percezione di determinati stimoli emotivi. Nonostante tali sviluppi, la Scienza non ci ha ancora concesso di aprire lo scrigno che contiene i segreti più arcani, e inviolati della conoscenza, su cui filosofi e scienziati dibattono da millenni: i misteri della mente umana.

La neuroestetica

Una decina d’anni fa, il celebre neuroscienziato Semir Zeki (University College of London) ha sostenuto l’avvio di un nuovo tipo di ricerca neuro-scientifica, chiamato “Neuroestetica”, per investigare i meccanismi biologici dell’apprezzamento estetico (Ticini, 2003a). Già nei secoli passati, scrittori e filosofi hanno cercato di afferrare l’intima essenza di un’esperienza estetica e di definire il concetto di bellezza. Pensiamo a Platone, Immanuel Kant o allo storico dell’arte Johann Joachim Winckelmann, per citarne alcuni. Tuttavia, queste importanti figure del pensiero occidentale non hanno mai avuto l’opportunità di vedere direttamente cosa avviene nel nostro cervello, per esempio, quando siamo di fronte ad un’opera d’arte. Oggi lo possiamo fare. Per esempio, le ricerche hanno identificato l’origine di alcune percezioni elementari e comuni in ognuno di noi. Di fronte ad un’opera d’arte, ognuno ha un’esperienza estetica dissimile: i sentimenti, i ricordi, il piacere percepito, hanno un forte carattere individuale poiché collegati a componenti genetiche e culturali. Tuttavia, oggi sappiamo che molte aree si attivano in modo analogo in tutti gli esseri umani, quando sono di fronte al medesimo oggetto o provano identiche emozioni. Questa base comune ci pone di fronte all’arte sullo stesso piano interpretativo, permettendo di comunicare - attraverso l’arte - impressioni ed emozioni profonde, che talvolta non saremmo in grado di esprimere a parole. Conoscere i meccanismi che permettono di apprezzare l’arte, così come indagare le ragioni biologiche per le quali alcune opere hanno più fama di altre, ha indubbiamente un valore artistico e commerciale. Viceversa, studiare la natura dell’apprezzamento estetico aiuta anche a capire meglio i meccanismi della percezione e le strategie che il nostro cervello utilizza nell’affrontare gli stimoli che giungono dal mondo che ci circonda. Molti ricercatori si dedicano allo studio neurobiologico delle emozioni e del piacere, non soltanto in ambito estetico. Per esem- pio, qualche anno fa, uno studio di Semir Zeki e del collega Andreas Bartels ha avuto molta eco sulla stampa internazionale perché ha permesso di identificare le aree del cervello coin- volte nell’amore romantico e materno (Bartels & Zeki, 2000a; Bartels & Zeki, 2004; Zeki, 2007). I ricercatori hanno dimostrato che l’amore (sia romantico sia materno) stimola le regioni cere- brali che generano la sensazione di piacere e di ricompensa. Ciò spiega perché l’amore (e anche l’arte) rende euforici e ci fa stare bene. Inoltre, Zeki e Bartels hanno notato che men- tre alcune aree del cervello si attivano, altre si disattivano: fra queste ultime ci sono i lobi frontali, che ci permettono di avere un giudizio critico sulle persone. Questa osservazione è particolarmente importante, in quanto potrebbe spiegare perché il giudizio sulla persona che amiamo ardentemente non sia obiettivo ma attenuato, se non parzialmente sospeso. Non solo, potrebbe anche spiegare perché le madri tendono ad essere meno critiche verso i propri figli. In ambito artistico, una simile ricerca non è stata ancora condotta. Non sarei meravigliato di scoprire che fattori suggestionanti esterni (socio-culturali, per esempio) possono causare un’inibizione dei lobi frontali rendendoci meno imparziali nei nostri giudizi estetici. Se si dimostrasse che l’influenza socio-culturale disattiva i lobi frontali e modula così il giudizio estetico, avremmo capito scientificamente come un’opera esteticamente non valida, ma inserita in un contesto a noi noto (ad esempio, quando ci è conosciuto l’autore e quando sappiamo che tale arista è universalmente riconosciuto), possa essere rivalutata esteticamente.Oggi la neuroestetica si occupa principalmente d’arte, ma in un futuro prossimo si propone di affrontare anche altri campi come la religione, la morale e la giurisprudenza. Si cercheranno così, per vie nuove, le risposte a vecchie domande fondamentali per l’uomo che cerca di capire se stesso, il suo passato ed il suo futuro.

Creatività e sinestesia, quando i suoni si colorano

Uno degli argomenti - a mio avviso - più interessanti, è lo studio della creatività e dei suoi meccanismi cerebrali. Molto spesso, mi capita di dover rispondere alla seguente domanda: le neuroscienze affermano che ogni area del cervello ha una funzione specifica; esiste dunque un’area (o più aree) della creatività? E se esiste, è più sviluppata nelle persone creative? Purtroppo, ancora oggi per molti aspetti i neuroscienziati si trovano nella condizione di non poter spiegare molti fenomeni cerebrali, nonostante le opportunità date dagli avanzamenti tecnologici. Siamo dunque in una situazione simile a quella di Galileo Galilei che, grazie ad un poderoso strumento come il cannocchiale, fu in grado di ammirare gli astri ed i remoti pianeti. Riuscire a vedere nel dettaglio la volta celeste, tuttavia, non significa poter dedurre le leggi che regolano le interazioni fra i corpi celesti, o capire perché le stelle siano luminose. Per riuscire a comprendere in modo esauriente la mente umana e le funzioni del cervello, oggi si cerca un approccio multidisciplinare: filosofi, fisici, ingegneri, medici e biologi - che collettivamente chiameremo neuroscienziati – si dedicano ad una ricerca sinergica per comprendere i fenomeni cerebrali, l’attività dei milioni di neuroni e le loro interazioni. Molti sono gli sforzi compiuti, ma stabilire una neurobiologia della creatività, dei molteplici stati mentali e delle emozioni, è tuttora un’incantevole illusione. Forse le neuroscienze sono più avvincenti perché c’è ancora tanto da scoprire. Per ora, quindi, non ci rimane che la possibilità di speculare su queste sorprendenti peculiarità della mente. La sinestesia (dal gre- co syn, "insieme" e aisthánestai, "percepire") è un procedimento retorico che consiste in associazioni inedite, all’interno di un’unica immagine, fra sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse. Apprezzata in poesia, la sinestesia non è soltanto una figura retorica ma anche un fenomeno percettivo reale che si manifesta come una percezione mescolata ed incontrollata dei sensi. Una forma molto nota di sinestesia è quella fra colori e suoni (che qui chiamo di “tipo A”) in cui una persona, sentendo un particolare suono o nota, percepisce un colore sovrimposto alle immagini che sta guardando, anche se tale colore non è realmente presente nello stimolo visi- vo. Wolfgang Amadeus Mozart e Vas- sily Kandinsky, per citarne alcuni, “soffrivano” di quest’intima corrispondenza fra colori e suoni, che sicuramente ha contribuito alla loro creatività artistica. Per Kandinsky, la sinestesia era il punto di partenza per l’ispirazione artistica: nelle sue composizioni “sinfoni- che”, i colori divengono un mezzo sonoro che assieme alle forme “risuona e vibra” nell’opera. Così l’artista racconta la sua sconvolgente esperienza sinestetica assistendo alla rappresentazione del- l’opera wagneriana “Lohengrin” al teatro di corte di Mosca: «[…] mi sembrava di avere davanti agli occhi tutti i miei colori. Davanti a me si formavano linee disordinate, quasi assurde». L’associazione mescolata di colori e suoni è ripresa nuovamente nel seguente passaggio: «Il sole scioglie l’intera Mosca in una macchia che, come una tromba, impetuosa fa vibra- re tutto l’animo. No, quest’uniformità rossa non è l’ora più bella! Questo è solo l’accordo finale della sinfonia che dona massima vitalità ad ogni colore, che fa in modo che tutta la città risuoni come il fortissimo di un’enorme orchestra». L’immagine di un tale paesaggio diviene ancora più straordinaria se si considera che a dettare le parole non è solo un accorgimento poetico, ma la descrizione di una percezione reale. Non è ancora del tutto chiaro come si crea questa mescolanza di percezioni. Tuttavia, un approccio per comprendere la sinestesia passa indubbiamente attraverso la conoscenza della fisiologia del cervello. Già Ippocrate aveva compreso come le percezioni, i sentimenti e la creatività siano intimamente correlati alla mente, ma ancor più in particolare al suo elemento fisico più tangibile, il cervello. Se è così, allora la sinestesia potrebbe essere compresa attraverso lo studio delle interazioni fra le aree del cervello che mediano la percezione dei suoni e dei colori. In generale, il cervello è caratterizzato da decine di aree cerebrali separate le une dalle altre, che consentono la percezione dei differenti aspetti delle percezione come il colore, il movimento, i volti ed i suoni. L’area che permette di vedere i colori - chiamata V4 - non ha accesso diretto alle aree uditive, ed i colori ed i suoni percorrono vie percettive differenti. Così, l’esperienza cromatica interessa l’area V4 (Zeki et al., 1991; Bartels & Zeki, 2000b) mentre quella uditiva è in relazione con la corteccia cerebrale uditiva (De Yoe et al., 1985). Eppure nei sinesteti di “tipo A” l’ascolto di suoni determina l’attività in V4 (Nunn et al., 2002) provocando una percezione cromatica senza che vi sia lo stimolo opportuno. Forse vi sono peculiarità anatomiche nel cervello dei sinesteti (Bargary & Mitchell, 2008); forse esistono strutture di contatto (come fibre nervose particolari) fra centri cerebrali fisicamente distanti, oppure fra queste aree manca un’inibizione nella comunicazione (Weiss & Fink, 2008; Cohen Kadosh & Walsh, 2008). Se la sinestesia dà licenza di conoscere il mondo in maniera così straordinaria, forse addirittura esteticamente più avvincente, senza dubbio essa può influenzare la creatività di un artista, sovrapponendo agli oggetti realmente presenti nell’ambiente la percezione viva di colori, suoni o gusti. Vedere i colori di una sinfonia, o sentire il gusto di una forma accresce sicuramente il valore estetico di un’opera (Ticini, 2003a).
La sinestesia e la creatività si differenziano notevolmente, sebbene abbiano una probabile origine comune: la sinestesia genera un’esperienza esplicita e spontanea vincolata alla percezione (il sinesteta di “tipo A” è obbligato a percepire un colore alla presenza di un suono); la fantasia creativa al contrario è confinata nel limbo dell’immaginazione, a livello di concetto, anziché essere sperimentata attraverso i sensi. Grazie a questa sua natura astratta, le idee nate dalla creatività di pochi possono essere trasmesse attraverso le generazioni e condivise fra civiltà differenti, divenendo un valore nello sviluppo culturale. Al contrario, le percezioni inconsuete dei sinesteti sono relegate nella mente di pochi e non sono universalmente conoscibili. Ritengo interessante associare la creatività alla sinestesia, proponendo una correlazione fra la struttura fisica del cervello e la creatività. Forse anche la creatività, se considerata come un esempio estremo della sinestesia, dipende da rapporti specifici fra le aree del cervello e dalla presenza di connessioni particolari che conferiscono all’individuo la capacità di individuare nuove relazioni. La definizione di creatività legata alla ricchezza di rapporti anatomici è intuitiva e non nuova (Ramachandran & Hubbard, 2001), tuttavia ciò che ritengo inedito è l’ipotesi dell’esistenza di connessioni nello stesso tempo supplementari e atipiche. La presenza, in altre parole, di cellule predisposte in modo particolare a congiungere percezioni e concetti anche remoti, presenti in numero maggiore solo in alcune persone più creative. La predisposizione alla creatività ha certamente un valore inestimabile per artisti, scienziati, filosofi ed in generale per ogni creatura pensante. Senza essere sinesteti, ma affinando la sensibilità e coinvolgendo tutti i sensi in un ensemble percettivo, è possibile conquistare l’ispi- razione e l’emozione che c’immerge nei turbinosi flussi della produttività. La moderna tecnologia ci viene in aiuto: oggi più di ieri un artista può dipingere, scolpire o scrivere mentre, per esempio, ascolta della buona musica, che può fungere da musa ispiratrice. Inoltre, un artista può aggiungere alle opere d’arte elementi che evocano esperienze polisensoriali accrescendo il valore emozionale. Infatti, dalle recenti ricerche sembra che il giudizio estetico sia esaltato, quando siamo esposti a percezioni simil-sinestetiche (Ward et al., 2008). Così, armonizzando in una percezione complessiva i profumi, i colori ed i suoni, le opere assumono una valenza sinestetica appagando lo spirito e l’intelletto (Ticini, 2003b), deliziando gli occhi attraverso le forme scenografiche ed il sapiente uso del colore stimolando il tatto con materiali ricercati, risvegliando l’olfatto ed il gusto (intimamente associati) e deliziando l’udito.

Comme de longs échos qui de loin se confondent Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.
Charles Baudelaire, Correspondances

Come lunghi echi che di lontano si confondono / In un’unità tenebrosa e profonda, / Vasta come la notte e come il chiarore, / I profumi, i colori e i suoni si rispondono.

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