Musicoterapia Veneto

Numeri negativi, frazioni, ed oltre

Note sulla storia del concetto di numero

Rimpicciolire il testoIngrandire il testo

Per quanto riguarda invece l’uso degli "altri numeri", i primi documenti che riportano l’uso di numeri negativi sono antichissimi: tavolette con numerazione cuneiforme attorno al 2000 a.C., ma l’uso dei negativi come "numeri" a pieno titolo è molto tardo: ancora nei primi testi dove apparivano dei sistemi di coordinate cartesiane (nel ’600) capita di trovare che si disegnava solo un quarto di piano per non usare le coordinate negative:

Uno dei primi testi che trattava diffusamente i numeri negativi fu l’ Algebra di Rafael Bombelli (1627), che indicava con p. e m. il più ed il meno; questa notazione divenne sempre più accettato, fino ad essere usuale fra i matematici del XVIII secolo.

Per quanto riguarda i numeri razionali, un primo testo dove si menzionano problemi di divisione è il Papyrus Rhind (vedi sezone 2.5), un papiro egiziano che costituisce uno dei più antichi documenti scritti conservati (circa 1600 a.C.). Gli egiziani usavano solo frazioni del tipo 1/n (in simbologia moderna) ed esprimevano le altre come combinazioni di queste, ad esempio:

I babilonesi erano esperti nell’uso delle frazioni e l’uso della base 60 permetteva di esprimere facilmente molte frazioni del tipo 1/n ove n sia un divisore della base come multipli di 1/60, e cioè:

1/2 = 30/60, 1/3 =20/60, 1/4=15/60, 1/5=12/60, 1/6=10/60, 1/10=6/60, 1/12=5/60,
1/15=4/60, 1/20=3/60, 1/30 = 2/60.

Nella nostra base dieci ciò è più complicato (non si può esprimere 1/3 o 1/6 tramite frazioni “decimali”), nonostante gli indubbi vantaggi di "maneggiabilità" numerica del nostro sistema.

Che risulta (tradotto in numero decimale) esatto fino alla sesta cifra; una capacità di approssimazione notevolissima! Questo spiega il possibile vantaggio dell’uso di una base grande come il 60. Tali frazioni rimasero in uso a lungo (ad esempio le usa Tolomeo, circa 150 d.C.), anche se nel mondo greco si usava scrivere le frazioni in base dieci, con un apice per indicare il numeratore e due apici e la cifra

ripetuta per il denominatore, ad esempio:

Il computo con i numeri razionali rimase una cosa piuttosto complicata anche dopo la diffusione della notazione posizionale indiana a base 10, in quanto l’uso dei numeri decimali al posto delle frazioni non viene introdotto che molto più tardi.
Infatti, sebbene nel mondo arabo se ne trovi già traccia attorno al 900 d.C., in Europa è solo nel 1585 che il matematico belga Simon Stevin scrive un libretto: De Thiesme (in francese: La Disme, e cioè il metodo di rappresentazione decimale), in cui spiega come scrivere e fare le operazioni sui numeri non interi usandone la rappresentazione decimale. Egli considerava questa "una meravigliosa invenzione", semplice ed efficace per evitare penosi conti con i "numeri rotti" (le frazioni). Nella prefazione scriveva:
Se tutto questo non fosse poi utilizzato dagli uomini d’oggi, saremo lieti lo stesso pensando che farà del bene ai nostri successori.
In effetti l’uso di questo metodo tardò a divenire patrimonio comune, se ancora
quasi due secoli dopo il grande matematico Laplace scriveva di sperare che l’aritmetica decimale riuscisse a divenire di uso comune, superando i pregiudizi e le consuetudini che si oppongono sempre alla introduzione di nuove idee.
Un grande impulso all’uso della rappresentazione decimale venne con l’adozione del sistema metrico decimale per i pesi e le misure (metri, litri, chili, etc. che sostituiscono le vecchie misure locali in piedi, tese, braccia, galloni, once, ecc...). Il sistema fu adottato in Francia dopo la Rivoluzione, ed "esportato" nel resto d’Europa con le conquiste napoleoniche (l’Inghilterra ne è infatti rimasta “immune”).

Ed i numeri reali? La scoperta dell’esistenza di misure irrazionali (cioè non esprimibili tramite frazioni) è molto antica, risalendo alla scuola pitagorica (circa 500 a.C.): è proprio attraverso il teorema di Pitagora che si scopre lo strano fatto che il numero 2 non è razionale.
La leggenda vuole che Ippaso di Metaponto, l’adepto della scuola che rivelò questa scoperta (tenuta segreta) perì in un naufragio per punizione degli dei! Perché tanto sconvolgimento? La scoperta che il rapporto fra due grandezze (lato e diagonale del quadrato) non poteva esprimersi con una frazione, metteva in crisi la visione pitagorica del mondo, che pensava ogni grandezza costituita di un numero finito di atomi. Quindi anche nel caso di due segmenti il loro rapporto avrebbe dovuto essere dato dal rapporto fra il numero di atomi costituenti il primo e quello degli atomi presenti nel secondo: la scoperta che ciò non era possibile rendeva questa visione atomistica molto più problematica.
I numeri irrazionali, non racchiudibili in un espressione decimale finita, né in una frazione, vennero a lungo guardati con sospetto, e non considerati come numeri veri e propri, ma "avvolti in una nuvola di infinito", mai precisi e di non chiaro uso, tranne per la possibilità di approssimarli per gli usi pratici (già Archimede, 200 a.C. , trovò ottime approssimazioni di 3 e di un altro numero irrazionale famoso: , il rapporto fra diametro e circonferenza di un cerchio).
La costruzione rigorosa (e piuttosto complessa) dei numeri reali arriva soltanto nella seconda metà dell’ottocento, grazie all’opera di grandi matematici come Bolzano, Weierstrass, Dedekind e Cantor.

Un ultimo cenno va ai numeri complessi, cioè ai numeri dove appaiono radici di numeri negativi; il loro uso appare attorno al ’500: si era allora scoperta la formula per risolvere le equazioni polinomiali di 3° grado (cioè ove l’incognita appare con esponente al massimo 3); ma quando si applicava tale formula a certe equazioni, come ad esempio: x3-15x-4=0 , la formula dava , fra le soluzioni:

un numero ove comparivano radici di numeri negativi!
Eppure si vede che le tre radici dell’equazione sono numeri reali: , e quindi ciò significava che nell’espressione scritta sopra le due radici "immaginarie" si devono poter "semplificare" in qualche modo, per dar luogo ad un numero reale.

L’emergere di espressioni di questo tipo portò a cercare di eseguire operazioni con questi numeri, per vedere come trattarli e come ridurli (quando possibile, cioè in casi come il precedente) ad espressioni "reali"; uno dei primi ad approfondire questo studio fu il già citato Bombelli. Lo studio dei numeri complessi continuò nei secoli successivi, ma il primo a farne una sistemazione definitiva fu (nell’ottocento) F.Gauss, che introdusse il metodo di rappresentazione sul piano usato anche oggi e che dimostrò il Teorema fondamentale dell’Algebra, che afferma che ogni equazione algebrica nel campo dei numeri complessi ha almeno una soluzione.

[ Pubblicato on-line il 6 gennaio 2016 ]
Cookies - Sito realizzato con SPIP da HCE web design