Musicoterapia Veneto

Acquisizione di conoscenze

Semir Zeki

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Docente britannico, professore di neurobiologia alla University College di Londra.

Citazioni tratte da una intervista fatta da Radio Tre

[tempo: 14.48] E ancora un tipo di conoscenza e questa è veramente difficile da spiegare verbalmente, da spiegare con parole. Sto pensando a quella che chiamiamo la “conoscenza emotiva”: sovente questa conoscenza è quella che noi umani riusciamo ad acquisire con l’osservazione delle opere d’arte. Chiunque si voglia dedicare allo studio della corteccia cerebrale è opportuno che inizi dallo studio della produzione artistica.

Spesso mi trovo di fronte a persone, alle mie conferenze, che vengono da me e mi dicono: ma professore, la scienza è tutta una questione di misurazioni esatte e l’arte no.
Quanto si sbagliano, quanto si sbagliano.
La scienza non è questione di prendere delle misure esatte, la scienza è prima di tutto questione di curiosità, cioè di desiderio di conoscere, di desiderio di apprendere e il fatto che poi gli scienziati eseguano delle misurazioni non è che un mezzo per soddisfare una loro curiosità iniziale.
Ecco perché io penso che chiunque sia interessato e voglia conoscere la funzionalità del nostro cervello non può farlo se non come prima cosa prendere visione, prendere conoscenza di tutto ciò che il cervello produce in termini di arte, di letteratura, di musica, di tutte le discipline umanistiche. Qualsiasi scienziato volesse arrivare alle sue conoscenze senza prendere atto di ciò che il cervello produce nelle arti, secondo me rende un grande disservizio alla disciplina, alla scienza ed anche a se stesso.

Io sono d’accordo con il grande filosofo, grande pensatore Ludwig Wittgenstein il quale una volta ebbe a dire: “tradizionalmente la gente pensa che dalle scienze riceviamo le conoscenze e dall’arte il piacere”.
Questo non è vero perché l’arte ci dà molte conoscenze molte informazioni. Forse sono soltanto delle informazioni, delle conoscenze, un sapere di tipo diverso quello che possiamo ricavare dall’arte.
Io sono d’accordo con Wittgenstein ma vorrei andare persino oltre e dire cioè che siamo di fronte a due diversi sistemi cerebrali, quello che presiede all’arte e quello che presiede alla scienza, che non sono facilmente accessibili l’uno all’altro.

Mi sono prefisso lo scopo nei prossimi cinque anni di approfondire lo studio delle basi neurobiologiche del rapporto fra dolore e bellezza, perché abbiamo visto quanto grande sia il numero delle opere d’arte che pur non essendo opere che esprimono gioia, la cui visione non ci dà gioia ma bensì dolore, sono pur tuttavia straordinariamente belle.
E mi viene in mente a questo proposito questa bellissima citazione da Oscar Wilde da una delle lettere che lui inviò al suo giovane amante in cui dice: “tu venisti da me acciocché io ti insegnassi i piaceri dell’arte e della vita. Forse farò per te qualcosa di più ancora meraviglioso, ti insegnerò dunque il significato del dolore e della bellezza”.
Quindi dolore e bellezza uniti insieme.

Dunque la gioia e il dolore che noi proviamo e la bellezza che noi avvertiamo nella contemplazione di queste e altre opere d’arte stanno tutte dentro il cervello.

Che cosa vuol dire questo? Che sono tutti soggettivi.
Ed anzi voglio spingermi fino a dirvi che penso davvero che le uniche conoscenze, l’unico sapere di cui possiamo veramente essere certi sono le conoscenze soggettive, quelle che stanno dentro il nostro cervello perché noi difficilmente, anche se abbiamo un’idea possiamo dimostrare, se non eseguiamo delle misurazioni complesse, che la terra è rotonda.
Questo è un sapere oggettivo.
Ma con assoluta certezza, e questo è un sapere una conoscenza soggettiva, sappiamo dire quando siamo innamorati.

[ Pubblicato on-line il 6 dicembre 2015 ]
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