Musicoterapia Veneto

Ad immagine e somiglianza

La scuola del potere

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Mario Zattin

…..Ma che sto mai facendo? Che cosa mi si sta mai facendo [1]?

Chi sta leggendo, ora, proprio ora, si è mai posto queste domande? Cercheremo di mostrare perché chi educa debba cominciare a porsele qualora non gli sia mai capitato prima.

Il punto di partenza delle analisi andersiane è il seguente: il sistema dei media è una totalità, non esistono apparecchi singoli: “la totalità è il vero apparecchio”.
Dunque, è escluso che i singoli apparecchi nelle nostre mani rappresentino ancora dei mezzi a nostra disposizione per una libera scelta. Non sono mezzi, qualcosa di susseguente alla libera determinazione del fine da raggiungere. I singoli apparecchi non sono mezzi, ma la decisione è preliminare, le decisioni sono prese prima che tocchi a noi decidere. Il singolo apparecchio televisivo, così come, pensando all’oggi, il singolo smartphone, non è né un apparecchio né un mezzo. Sono solo parti, o pezzi, del sistema degli apparecchi che è divenuto il nostro mondo. Mondo è qualcosa di diverso da mezzo. Ciò che viene preparato è, conseguentemente, “l’immagine del mondo nella sua totalità, che si compone delle singole trasmissioni e, nella sua totalità, quel tipo d’uomo che si nutre esclusivamente di fantasmi e finzioni”. Il mondo che quotidianamente riceviamo attraverso i più svariati canali di trasmissione non è il mondo ma qualcosa di preparato, ossia qualcosa di allestito in precedenza e pronto per l’uso (la fruizione passiva e/o distratta); anche chi riceve l’immagine totale del mondo è, nel medesimo tempo, preparato, formato, a essere quel tipo d’uomo alimentato da fantasmi e da simulazioni, da doppiezze, da inganni, ai quali poco per volta si abitua e si adatta avendo appreso a non riconoscerli come tali, includendoli persino tra le cose desiderabili [2]

Tra le frasi più citate: “l’obiettivo primario della scuola italiana dovrebbe essere quello di formare ragazzi che siano poi competitivi nel mondo del lavoro. L’obiettivo primario delle scuole italiane di secondo grado dovrebbe essere quello di riuscire a formare ed istruire dei ragazzi che siano poi in grado di essere competitivi nel mondo del lavoro.”

Viene da pensare: quale mondo? Quello che gli altri hanno voluto per noi? Quello della competizione, io sono più bravo di te, io valgo di più, mors tua vita mea!

Negli anni novanta l’Unione Europea ha orientato le politiche educative comunitarie in forma di invito e appoggiato da molte organizzazioni internazionali tra cui la Banca Mondiale. “Questa convergenza ha portato studiosi come Annalisa Pavan a ipotizzare che un nuovo ordine educativo mondiale stia sorgendo, sulla scia dell’iper-liberismo internazionale… [3] ”. Attraverso il Metodo di Coordinamento Aperto, “soft law” adottato dall’Unione Europea, vero e proprio strumento giuridico non vincolante, dotato di un potere dolce, ma a tutti gli effetti coercitivo, è stato possibile tutto questo. Sta di fatto che le parole come “pedagogia, educazione, apprendimento” sono state blindate da un pensiero unico e direttivo. Non c’è spazio per la discussione o per un pensiero diverso.

L’origine della didattica per competenze è di origine comportamentista, cioè qual è il comportamento più efficace per quel problema e lo si applica a tutte le situazioni simili. Se questo è il principio va da sé che quello che si deve studiare e come pensare deve essere codificato e reso uniforme per tutti. Tutti devono saper lavorare in équipe per trovare la soluzione di un problema ad esempio. “Le politiche educative sono quindi delle formazioni discorsive che istituzionalizzano un certo modo di pensare alla realtà: operano una strategia per legittimare un insieme di credenze (es. sulla società, sui soggetti, sull’educazione, sui saperi) e normalizzare determinati modi di agire (es. educare, istruire, formare, insegnare, studiare), attraverso la formulazione di significati che disciplinano l’azione e regolano il comportamento di chi le assume ed è chiamato ad applicarle” [4].

Termino questa mio breve riflessione, ma ci ritornerò, con un’altra citazione di studioso Michel Foucault [5], ripensando lo spazio per una teorizzazione critica dell’educazione:

arte di non essere governati, o se si preferisce, l’arte di non essere governati in questo modo e a questo prezzo […] l’arte di non essere eccessivamente governati […] La critica designa il movimento attraverso il quale il soggetto si riconosce il diritto di interrogare la verità nei suoi effetti di potere e il potere nei suoi discorsi di verità; la critica sarà pertanto disobbedienza volontaria e indocilità ragionata.

Note

[1Costanzo Preve, “Un filosofo controvoglia”, Prefazione a G. Anders, L’uomo è antiquato.

[2La forma impossibile a cura di Mino Conte

[3Ivi, p. 93-94

[4Ivi, p. 95-96

[5Foucault, M. Illuminismo e critica, Roma, Donzelli, 1997

[ Pubblicato on-line il 3 gennaio 2018 ]
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