Musicoterapia Veneto

La scrittura del numero: le cifre.

Note sulla storia del concetto di numero

Rimpicciolire il testoIngrandire il testo

Abbiamo visto i calcoli effettuati con i gettoni dai sumeri; ma i gettoni non erano solo strumento di calcolo, ma anche simboli: ad esempio un tipico contratto di prestito veniva siglato presso un "notaio" tramite una bolla di argilla, nella quale venivano introdotti i gettoni corrispondenti alla cifra in questione, e poi essa veniva cotta o essiccata con sopra le firme dei contraenti e del garante. Si rompeva solo alla restituzione, verificando l’esattezza dell’importo.

Il passaggio successivo fu quello di utilizzare delle tavolette di argilla (vedi Fig. 2.15a) su cui venivano disegnate le forme dei gettoni, ottenendo così una delle più antiche forme di "scrittura dei numeri", con la nascita di vere e proprie "cifre" scritte, come simboli numerici.


Fig. 1.15a: Tavolette di carattere numerico (ricostruzioni).

Gli esempi sopra mostrano degli “archivi”, in cui era segnata la quantità di diversi oggetti in varie caselle, (II millennio a.C.). Le cifre venivano tracciate tramite appositi "calami" (vedi Fig. 2.15b): la punta del calamo serviva per incidere disegni sull’argilla, mentre le cifre si ottenevano appoggiando il fondo del calamo; facendolo verticalmente si otteneva un cerchio (grande o piccolo) che rappresentava le sfere di valore 10 o 3600; facendolo con il calamo obliquo si otteneva una tacca che ricordava i coni (piccoli o grandi) di valore 1 o 60; infine se sui simboli di cono o sfera grande si tracciava un cerchio piccolo, si ottenevano disegni che ricordavano i coni o le sfere traforati, di valore 600 o 36000.


Fig. 1.15b: I calami.


Fig. 1.15c: Come si appoggiano i calami per il disegno dei numeri.

Questo metodo di scrittura cambiò successivamente sotto i Babilonesi, che adottarono invece una più evoluta scrittura cuneiforme (vedi Fig. 2.16a),


Fig. 1.16a Babilonia, 2000-1800 a.C. (tavoletta, 8,1x6,5x2,7 cm, 26 linee in scrittura cuneiforme)
Sempre su tavolette d’argilla, in questa scrittura il valore dei simboli è posizionale, come nella nostra notazione, ma in base 60 (con base ausiliaria 10).


Fig. 1.16b

Il problema della mancanza dello “0” fu ovviato dai babilonesi introducendo un simbolo (simile a “ < < “) che stava a indicare l’assenza di una potenza del 60, anche se non era considerato un numero vero e proprio.

L’altra forma di scrittura numerica più antica sono i geroglifici egizi, anch’essi risalenti a prima del 3000 a.C., nei reperti più antichi. I simboli hanno valori fissi e la scrittura è di tipo puramente additivo su base 10, vedi Fig. 2.17.


Fig 1.17a

Successivamente la scrittura geroglifica fu parzialmente sostituita dalla ieratica, più semplificata, nella quale il sistema di scrittura numerica, anche se sempre additivo su base 10, acquista più simboli, per ridurre il numero dei caratteri necessari a rappresentare i numeri:


Fig 1.17b. Simboli numerici nella scrittura ieratica egizia.

Il più esteso papiro egizio di natura matematica giunto fino a noi è il papiro di Rhind, che deve il suo nome all’antiquario scozzese Henry Rhind che lo acquistò nel 1858 a Luxor, in Egitto. È anche noto come Papiro di Ahmes dal nome dello scriba che lo trascrisse verso il 1650
a.C. durante il regno di Aphophis (quinto sovrano della XV dinastia) traendolo da un papiro precedente composto fra il 2000 a.C. e il 1800 a.C. Si trova attualmente al British Museum, è scritto in ieratico ed è largo 33 cm e lungo 3 m. Contiene tabelle di frazioni e 84 problemi aritmetici, algebrici e geometrici con le relative soluzioni.


Fig 1.17c. Il papiro di Rhind (parte).

Le altre notazioni scritte più importanti (per la nostra storia) sono state quella greca e quella romana.

Le notazioni greche hanno avuto tre stadi essenziali: per prima fu adottata una notazione additiva in base dieci pura (come quella egizia), poi quella detta acrofonica ( il simbolo del numero usava la prima lettera del nome), con base ausiliare 5, che vediamo nella figura seguente:


Fig 1.18a

Qui i simboli richiamano i nomi del numeri:

5 = Penta , 10 = Deka , 50 = Pentedeka , 100 = Hekaton , 500 = Pentehekaton , 1000 = Khilioi , 5000 = Pentekhilioi , 10000 = Myrioi , 50000 = Pentemyrioi.

Infine si afferma la scrittura ionica, sempre additiva ed in base dieci, ma che usa tutte le lettere dell’alfabeto greco, assegnando ad ognuna di esse un valore numerico (vedi Fig. 2.18b) e giungendo così ad una certa efficacia rappresentativa, ma aumentando di molto il numero dei simboli usati. Da notare che sono presenti tre lettere arcaiche scomparse dall’uso comune e che rappresentano i numeri 6 (stigma, variante grafica del digamma), 90 (koppa), 900 (sampì o san) e che dopo un primo periodo in cui si usavano lettere maiuscole, si passò a quelle minuscole:


Fig. 1.18b

Combinando questi simboli si arrivava a scrivere fino al numero 999; per proseguire con le migliaia sino a 9000 (vedi Fig. 2.18c) si usava il segno delle unità con un apice a sinistra (uso prevalente).


Fig. 2.18c

All’interno di questo sistema qualsiasi numero inferiore a 10.000 poteva venire scritto facilmente con quattro soli caratteri.
Per proseguire si indicavano le decine di migliaia mediante la lettera M (iniziale di myrioi = miriade) alla quale si sovrapponeva il numero delle decine di migliaia.

Per questo la parola “miriade” è rimasta nella nostra lingua per indicare una grande quantità: le miriadi (= decine di migliaia) erano usate per indicare tutti i numeri più grandi.

Le scritture che si affermano nell’area mediterranea sono tutte puramente additive ed in base dieci; lo erano infatti anche le scritture numeriche di Fenici, Ebrei e di altre popolazioni.

I Romani

I Romani non fanno eccezione: le cifre romane sono anch’esse additive in base dieci e con base ausiliare 5; ricordiamo i simboli usati ed i loro valori:

I = 1 ; V = 5 ; X = 10 ; L = 50 ; C = 100 ; D = 500 ; M = 1000.
Esempi: 27 = XXVII , 99 = XCIX , 588 = DLXXXVIII, 1939 = MCMXXXIX

I Romani erano (in origine) soprattutto un popolo di pastori, ed il conteggio delle pecore avveniva con l’intaglio di tacche su bastoni: per facilitare la lettura, ogni cinque tacche si faceva una tacca a forma di "V", ed ogni dieci una "X"; poi altre forme vennero introdotte per "50", "100" e così via (vedi Fig. 2.19a).


Fig. 1.19a

Nel sistema di numerazione romano c’è una novità: la notazione sottrattiva:

IV = 4 ; XIX = 19.

La notazione sottrattiva è un residuo della pratica dell’ intaglio vista sopra; la scrittura " IV " invece di "IIII" (è da notare che comunque in reperti più antichi si trova anche la notazione IIII) ricorda la posizione del 4 nella serie: " IIIIV", come il "IX" nella serie: IIIIVIIIIX.


Fig. 1.19b

Per rappresentare numeri più grandi il sistema romano ricorre ai seguenti artifici: se si tira una linea sopra un simbolo il suo valore originale viene moltiplicato per 1000; i simboli:

rappresentano i numeri 5.000, 10.000, 50.000 e 100.000 , mentre se si borda una lettera con due linee verticali ai fianchi ed una linea orizzontale soprastante, il suo valore originale viene moltiplicato per 100.000; i simboli:


rappresentano rispettivamente i numeri 500.000, 1.000.000, 5.000.000, 10.000.000,
50.000.000 e 100.000.000 .

Gli antichi romani, infatti, non avevano parole per "milioni" o "miliardi"; la loro massima espressione numerica erano le "centinaia di migliaia". Ad esempio per indicare il numero "un milione" essi dicevano "dieci centinaia di migliaia".

Il problema con le cifre greche e quelle romane è che esse furono una specie di "vicolo cieco": abbastanza efficaci per rappresentare i numeri, erano però quasi impossibili da usare per i calcoli, e il loro uso comporta la separazione fra la scrittura dei numeri ed il calcolo con essi, che viene invece eseguito con l’abaco.

[ Pubblicato on-line il 15 marzo 2016 ]
Cookies - Sito realizzato con SPIP da HCE web design